C’è chi continua a pensare che l’email sia un mezzo sorpassato. Poi però guarda i dati e cambia idea. Nell’e-commerce, poche cose portano risultati concreti come una newsletter ben strutturata o una sequenza automatica per recuperare un carrello abbandonato.
Il motivo è semplice: l’email arriva dove conta. E quando lo fa con il messaggio giusto, nel momento giusto, non è spam. È vendita.
Obiettivi chiari, errori evitabili
Affidarsi esclusivamente alla scontistica e inviare lo stesso messaggio a chi ha già effettuato un acquisto e a chi non ha mai sentito parlare del brand è il modo più rapido per finire ignorati. In un mercato saturo di stimoli, comunicazioni generiche e poco mirate non fanno altro che alimentare l’indifferenza. Quello che serve è una strategia. E ogni strategia, per essere efficace, parte da una domanda tanto semplice quanto fondamentale: cosa voglio ottenere?
Incrementare il tasso di riacquisto? Riattivare l’attenzione di chi ha visitato il sito ma non ha finalizzato? Far scoprire i prodotti stagionali a chi non conosce ancora l’offerta? O, ancora, costruire una relazione più solida con i clienti già acquisiti?
Rispondere a questa domanda non è una formalità, né un passaggio da spuntare in fretta. È il momento in cui si definisce la direzione. Comprendere l’obiettivo consente infatti di calibrare ogni elemento del flusso: il tono del messaggio, la frequenza, i contenuti, la segmentazione, persino l’urgenza con cui si sceglie di intervenire.
Solo a partire da un obiettivo chiaro si può decidere, ad esempio, se vale la pena investire in un’email di follow-up emozionale o in una DEM a contenuto informativo. Se inserire un incentivo oppure puntare tutto sulla narrazione del prodotto. Se accorciare i tempi di attesa tra un invio e l’altro o, al contrario, lasciar spazio al silenzio per far crescere l’interesse.
Avere chiarezza sugli obiettivi significa non disperdere risorse, evitare errori prevedibili e rendere ogni messaggio parte di un sistema coerente.
Perché comunicare non è semplicemente “mandare un’email”, ma costruire un’esperienza che inizia da un’intenzione precisa.
Come si costruisce una lista utile (e non solo lunga)
Avere 10.000 contatti che non aprono le email non serve. Meglio 1.000 persone realmente interessate. Per questo i moduli di iscrizione devono essere chiari, visibili, ma soprattutto sensati. Se un utente sta per completare un acquisto, non ha bisogno di iscriversi a una newsletter “generica”. Ha bisogno di sapere che riceverà qualcosa che gli tornerà utile, a breve.
Sui social, nei blog e durante il checkout si può lavorare per raccogliere indirizzi reali, consapevoli. Se poi si vuole puntare anche su database esterni, allora bisogna saper scegliere.
Esistono fornitori seri che garantiscono liste aggiornate e conformi al GDPR. Il punto è: che uso ne fai? Perché una lista, da sola, non fa il lavoro.
Segmentare non è un vezzo. È ciò che fa funzionare le cose
Un contatto appena iscritto non va trattato come uno che ha già acquistato tre volte. E chi compra regolarmente può ricevere promozioni esclusive, mentre chi non apre le email da mesi va riattivato in modo intelligente o lasciato andare.
Qui entra in gioco la segmentazione. E sì, serve tempo. Ma è tempo ben speso. Puoi segmentare per:
- categoria di prodotti preferiti;
- frequenza di acquisto;
- valore medio del carrello;
- ultima interazione.
In questo modo non solo le email diventano più pertinenti, ma anche più gradite. E chi riceve qualcosa di coerente con i suoi interessi, di solito clicca. E compra.
L’automazione DEM non è magia, è metodo
Automatizzare non significa perdere il controllo. Significa organizzarsi meglio. I workflow email ti permettono di reagire in tempo reale al comportamento dell’utente, senza dover scrivere ogni volta lo stesso messaggio.
Un esempio? Il flusso per i carrelli abbandonati. Un primo promemoria dopo un’ora, uno sconto dopo 24 ore, un’alternativa dopo due giorni. Oppure un flusso di onboarding che parte con il benvenuto, prosegue con un approfondimento sul brand e si chiude con un primo incentivo all’acquisto.
L’automazione aiuta a mantenere il ritmo, a evitare dimenticanze e a usare meglio le risorse. E se i workflow sono progettati bene, diventano la spina dorsale di tutto il sistema.
Scrivere email che si aprono, si leggono e portano da qualche parte
L’oggetto fa la differenza. E non c’è una formula magica: bisogna testare. Ci sono brand che usano il nome del cliente, altri che inseriscono emoji, altri ancora che puntano tutto sulla sintesi. Ogni pubblico ha i suoi codici, e capirli richiede pazienza e qualche tentativo.
Il corpo dell’email, invece, deve essere lineare. Una breve introduzione, un contenuto coerente, una call to action visibile. L’errore più frequente? Voler dire troppo. Meglio una singola proposta ben strutturata che un collage di promozioni messe in fila.
Anche il design conta. L’email deve essere leggibile da mobile, caricarsi velocemente e guidare l’occhio verso l’azione. Quando funziona, il lettore non si sente pressato: è come se sapesse già dove cliccare.
Newsletter, DEM e flussi comportamentali: scegliere cosa mandare
Ogni formato ha una sua funzione specifica all’interno della comunicazione. Le newsletter servono a mantenere vivo il rapporto con il pubblico: informano, raccontano, approfondiscono. Sono lo spazio in cui si può costruire un tono di voce riconoscibile, trasmettere valore, alimentare la relazione con chi ha scelto di restare in ascolto. Non hanno l’urgenza della vendita, ma lavorano sulla fiducia.
Le DEM (Direct Email Marketing) puntano invece all’azione immediata. Un contenuto secco, un obiettivo chiaro, un invito preciso. Sono pensate per stimolare il clic, far scattare la conversione, spingere verso l’acquisto. Il loro ruolo è più tattico che relazionale, ed è proprio per questo che vanno usate con misura.
I flussi comportamentali, infine, sono automatismi che reagiscono alle azioni (o alle assenze di azione) dell’utente. Si attivano al momento giusto: quando una persona si iscrive, acquista, resta inattiva per un certo periodo. In questi casi, il tempismo vale più della creatività. E la personalizzazione fa tutta la differenza.
Trovare il giusto equilibrio serve a costruire una comunicazione che non sia né invadente né inefficace. Troppa promozione e il destinatario smette di leggere. Troppa narrazione e ci si allontana dal risultato. Serve allora una regia: un calendario ben pensato, una cadenza costante e la capacità di alternare toni e contenuti mantenendo coerenza.
Varietà non significa confusione, così come coerenza non vuol dire ripetitività.
Misurare, capire, correggere
Aprono le email? Cliccano? Comprano? Quanto tempo passa tra la ricezione e l’azione? Queste domande non sono retoriche. Servono a capire se quello che stai facendo ha senso. E a migliorare.
Le metriche principali sono note: tasso di apertura, clic, conversioni, disiscrizioni. Ma anche i tassi di rimbalzo o il tempo medio tra l’email e l’acquisto possono raccontare qualcosa. Tutto dipende da come leggi i numeri e da quali strumenti usi per farlo. L’importante è non far parlare i dati da soli: vanno interpretati.
Un consiglio per chi inizia (o vuole ripartire)
Chi ha un e-commerce spesso corre. Tra ordini da gestire, clienti da seguire e mille incombenze, l’email marketing finisce per diventare un compito secondario. Eppure è proprio lì che si nasconde una parte del fatturato non ancora espresso. Bastano poche azioni ben ragionate per fare la differenza: una lista curata, qualche flusso automatico costruito con attenzione, contenuti onesti, dati ben letti. Non serve rivoluzionare tutto, basta cominciare da qualcosa che abbia senso.
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